" TERRA RUMEJA " L'ULTIMO GRANDE LAVORO DEL GRUPPO FOLK GARGANICO FESTA FARINA E FOLK DA SAN MARCO IN LAMIS. 

di Luigi Ciavarella
In generale :
Non so dire se questo sia l’ultimo lavoro a firma del gruppo tradizionale Festa Farina e Folk oppure il primo di Leonardo Ianzano, principlae autore del gruppo e, con Raffaele Nardella e Angelo Ciavarella, anima fondante del gruppo sin dal 1982, l'anno di nascita di questa laboriosa formazione folk.. 
Posso dire solo di trovarmi al cospetto di un lavoro imponente, straordinario vertice di un progetto musicale che non ha eguali nella storia musicale di questi luoghi, dove mi pare persino riduttivo inserirlo nel flusso della storia della musica tradizionale locale quando invece ha la  forza dirompente e naturale ( forse l’obiettivo non dichiarato ) di porsi oltre i confini del luogo d’origine, in cui finora si è nutrito,  per dare spazio ad un confronto alla pari con tutte le realtà musicali presenti su tutto il territorio del mezzogiorno.
Non si spiegherebbe altrimenti la ragione per cui vengono inseriti in scaletta brani già editi ( Caruvunella e Lu cugnate traditore ) se non quella di proporre sul piano della dialettica citata due perle del patrimonio tradizionale locale, qui arrangiate in forma nuova e arricchite addirittura da suoni contaminati col jazz.
Si muove quindi entro spazi eterogenei l’album Terra Rumeja, tra una certa religiosità di fondo e il tema inevitabile della danza, la tarantella, oltre alla particolarità di qualche intervento sulle vicende storiche locali ( per esempio la storia del brigante Lu Zambre, eroe della resistenza borbonica contro gli occupanti piemontesi ) i cui limiti servono ad assicurare i contorni di un progetto profondamente radicato nel territorio.
Un racconto in cui queste storie, evocate, recitate o urlate, si muovono e si nutrono nel profondo, tra passato e presente, ma pur sempre rivolte consapevolmente verso il  futuro, con tutto il peso del rigore e della modernità che simile operazione può comportare.
Un tassello importante che concorre senz’altro ad aggiungere nuova materia alla  ricerca sulla canzone popolare nel mezzogiorno, nella piena consapevolezza di contribuire a plasmare un disegno culturalmente in evoluzione, non egemonico, senz’altro in relazione con le tante realtà presenti sul territorio.
Se è dunque questa la missione di questo disco ( e lo è ) allora occorrono tutti gli strumenti necessari per favorire questo processo di espansione ; dove non bastano un lavoro superlativo e una stima di fondo ma evidentemente occorre uno spirito costruttivo che sia in grado di portare “ oltre “, senza segni di cedimenti, tutta la fascinazione del nostro patrimonio musicale tradizionale in campi finora sconosciuti.
In questo senso il lavoro svolto dai musicisti, con la preziosa direzione e produzione artistica di Angelo Gualano, a tutti gli effetti membro effettivo del gruppo, può consentire di guardare al futuro della musica tradizionale e popolare del mezzogiorno da posizione privilegiata e con una maggiore consapevolezza delle proprie risorse.
E’ senz’altro questo l’aspetto più interessante dell’album.
Capire cioè in quale direzione corre il folk garganico e quali idee in movimento possono concorrere a trasmettere alle nuove generazioni un simile progetto.
In questo clima credo che Terra Rumeja, che ha un titolo ben augurante ( Terra Rumeja come terra in movimento, appunto ) stia creando le condizioni giuste per innescare quella scintilla necessaria per guardare lontano.
In particolare :

L’album inizia col canto dei pellegrini sammarchesi che s’incamminano verso la  grotta dell’Arcangelo ( un grande sole evocato in copertina da l’idea forte della natura di questo transito ), sulla sommità della montagna del sole cosi cara ad Alfredo Petrucci, nella suggestiva cornice religiosa altrettanto importante per Leonardo Ianzano, cosi espressa con cura devozionale, nonostante nel testo vengano nominati tutti i santi e i luoghi sacri del Gargano. E’ una tipica ballata introduttiva, forte e corale, che anticipa il racconto del Brigante nostrano, l’arcinoto Lu Zambre, brano premiato un paio di anni fa al festival Nazionale di Musica Popolare di Brindisi, che ha un’andatura chiaramente epica, ben sostenuta dalle chitarre  di Angelo Ciavarella e dal flauto di Claudio Bonfitto.
L’inevitabile tema della danza è contenuto in tre episodi, rispettivamente, nella title track citata, nel terzo brano, Tarantella Furiosa, che si contamina con la pizzica salentina in un rapporto armonioso tra bellezza e tradizione, e nella tarantella Uagliola bella, che trasmette l’emozione di un danza dai tratti gitani, forse meno coesa del precedente ma abbastanza vivace da offrire uno spaccato altrettanto bello per lo spirito della festa che agita i movimenti.
Vengono riproposti due brani già pubblicati in origine nell’audio cassetta La Luna Inte Lu Puzze, ovvero Caruvunella, con testo di Leonardo Aucello, che qui assume contorni più evocativi, e Lu cugnate traditore, ( 1990 ) l’altro brano che rappresenta uno dei vertici della memoria popolare del paese, che all’origine era interpretata con un certo pathos da Rachele Bonfitto, mentre qui viene stravolta da Leonardo attraverso una tensione interpretativa molto accentuata. (  A mio avviso la voce di Michela Parisi, peraltro presente nei crediti del disco, avrebbe fornito maggiore credibilità al brano essendo questa una traccia in origine interpretata solo da voce femminile ).
Il brano O Re O Re, che viene segnalato come brano tradizionale, si pregia del contributo della violinista di estrazione teatrale/musicale, Erma Pia Castriotta, in arte H.E.R. affascinante musicista, originaria di Foggia ma residente a Roma, molto nota e apprezzata negli ambienti musicali della capitale, che in questo brano si produce in un assolo di violino molto penetrante.
Dopo La Via la Funtanella, altro brano classico della storia popolare di San Marco in Lamis, qui arricchito dai contributi vocali di Michela Parisi e Benito Ripoli e con una partitura molto leggera, si arriva infine a quello che a mio avviso è il capolavoro massimo dell’intero lavoro,  I Vaje Luntane, posto in coda all’album, che tratta i temi dolenti dell’emigrazione, e che rivela uno splendido Leonardo Ianzano grande interprete per il modo in cui riesce a dare profondità al testo, assecondato negli arrangiamenti, davvero superlativi, dal pianoforte suonato da Angelo Gualano e da un intervento al sax molto pertinente di Stefano Pesante, che fanno la differenza con tutto il resto del lavoro, che resta quanto di più memorabile si possa immaginare.

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