LA SCOMPARSA DI JOHNNY WINTER


Questo Blog non poteva far passare sotto silenzio una notizia cosi importante come può essere la scomparsa di un personaggio legato fortemente al destino della musica Rock, con particolare riferimento alla storia del Blues di cui JOHNNY WINTER, scomparso oggi, ne è stato il maggiore interprete bianco.

Nato 70 anni fa nel Texas, l'albino Johnny Winter ( " albino glabro e con gli occhi di brace " come viene descritto in una celebre biografia a lui dedicata ) suona presto il Blues, l'unica vera autentica passione della sua vita che lo accompagnerà, salvo una breve parentesi agli inizi dei settanta, quando complice una collaborazione infuocata con un altro guitar hero come Rick Derringer, darà vita a un paio di dischi, peraltro di successo, ricchi di veemenza hard blues davvero notevole, durante tutta la sua esistenza. Anzi non si era mai visto nel campo della musica rock blues una cosi totale simbiosi tra artista e musica. Nemmeno Steve Ray Vaughan suo dichiarato discepolo, molti anni dopo, arriverà mai a tanto nonostante tra i due ci fosse una attrazione artistica, inevitabile, poiché entrambi non solo amavano la stessa musica ma provenivano dallo stesso torrido clima del sud degli States. 
Quindi Johnny Winter è il respiro del Blues, caldo, travolgente, spettacolare e torrenziale ( molti concerti celebrati anche in Italia durante gli anni 80 e 90 nei luoghi principi del Blues come Pistoia o l'Umbria Jazz sono li a testimoniare quanto sia stato grande il ruolo che ha giocato l'albino in quel contesto ) nessun altro musicista nella storia di questa musica imparentata col demonio, salvo forse Janis Joplin, ne è stato cosi fortemente identificato. 
Era magrissimo Johnny Winter, con quel suo cappellaccio da texano sempre calato sugli occhi che lo identificava in scena, quasi sempre a torso nudo, con tanti tatuaggi sul suo corpo
scheletrico e quei capelli bianchi lunghissimi svolazzanti diventati tutt'uno l'emblema della musica del diavolo, trasformata nel suo vortice elettrico, con uno stile unico e riconoscibile ( ma era bravissimo anche con l'acustica e con la slide ) per sottrarla alla dimensione etnica delle radici del sud povero ed oppresso, quasi una forma di riscatto avvenuto sulle note di uno strumento il cui suono personale era quanto di più genuino e dignitoso potesse immaginare quella lunga schiera di schiavi musicisti negri che pure inventarono questa musica proprio in quei posti del profondo sud degli States, dove Johnny Winter era nato e vissuto.
Poi ci sono stati i dischi. Dopo il successo del primo album eponimo pubblicato nel 1969 dalla Columbia, di cui vi partecipano anche suo fratello Edgar alle tastiere e Willi Dixon al basso, disco impregnato di umori elettrici e acustici ( Dallas, stupenda ) diviso tra classici e originali, Johnny Winter raggiunge il top col successivo Second Album, registrato su tre facciate. Dopo quel disco subisce il fascino dell' hard blues e pubblica in successione un paio di album granitici, di cui uno dal vivo al Fillmore West, le cui radici blues risulteranno sfilacciate ma serviranno al musicista di avere la giusta visibilità ovunque, ottenendo peraltro un grande meritato successo.
Poi come molti altri musicisti della sua epoca, l'albino vivrà sulla sua pelle i segni nefasti della sua tossicodipendenza che, tra alti e bassi, sarà la fedele compagna della sua vita, insieme ad una esistenza per altri versi non sempre vissuta in modo esemplare. Saranno questi i motivi che spesso lo allontaneranno dal palcoscenico anche se il Blues, l'unica vera passione e forza della sua vita, non lo abbandonerà mai e renderà per sempre la sua anima immortale.
R I P  Great Johnny !!

Luigi Ciavarella 

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