IL BEAT ITALIANO CINQUANTANNI DOPO

Il beat italiano esplose proprio di questi giorni di 50 anni fa. Fu un movimento spontaneo, liberatorio, impulsivo, fatto da giovani che, spinti da una irresistibile voglia di libertà, riversarono in musica tutta la loro ingenua ma incontenibile innocenza di vivere fuori dai clichè dove sino a quel momento la società li aveva trattenuti. Un comportamento senza precedenti i cui spunti vennero presi in prestito da analoghe circostanze presenti nel resto d'Europa (Inghilterra in primis) facilitati da un certo benessere socio economico evidente (il cosiddetto boom economico che ebbe una rilevanza fondamentale nella diffusione del beat). Il termine beat non ha una origine particolare (Beatles ?) tuttavia servì ad enfatizzare un periodo storico preciso e indimenticabile della storia del costume italiano, fatto di canzoni rubate al pop inglese di successo e balli semplici e seducenti in locali sorti ovunque come funghi sulla scia di questi fermenti (come il Piper, per esempio) che contribuirono fattivamente a creare i presupposti per la nascita di molti gruppi i quali diedero effettivamente l'assalto al cielo con l'illusione che quel momento sarebbe durato in eterno. 
Non lo fu ma loro ci credettero ugualmente.
Tuttavia lo spirito di quel periodo non ha mai cessato di esistere. Seppure sotto forma di revival, esso è sopravvissuto sino ai giorni nostri, cresciuto ovunque, nei luoghi più impensabili della penisola, dove hanno agito e agiscono insospettabili complessi di irriducibili che suonano imperterriti quella musica con la stessa enfasi dei loro padri e lo fanno con gli stessi strumenti vintage di allora, con rigore imperturbabile e infinita passione, alcuni dei quali anche con un certo successo ( tipo Avvoltoi, Moreno Spirogi, Sciacalli, e tanti altri ...).
Nei sessanta italiani, nell'età d'oro del 45 giri usa e getta molti furono i gruppi e i cantanti che diedero lustro, con la loro voce, la loro musica e la loro presenza, ad un periodo fecondo della scena musicale italiana attraverso una infinità di emissioni ed eventi che seppellirono letteralmente l'Italia sotto uno spesso strato di vinile ardente. 
Alcuni gruppi beat provenivano direttamente dall'Inghilterra ( i più importanti furono i Rokes - considerati in assoluto alla stregua dei Beatles -, poi i Motowns, i Casuals, Sorrows, ecc..) e qualcuno persino dalla Spagna, come per esempio i grandi Los Bravos di Black is Black, autori di un hit senza tempo la cui memoria ancora oggi resta viva nella mente di noialtri, marchio indelebile di un'epoca indimenticabile.
Tra i gruppi italiani più famosi, puntualmente presenti nella hit parade nazionale, si distinsero l'Equipe 84 di Bang Bang e 29 settembre (quest'ultima scritta da Mogol e Battisti), i Nomadi di Noi non ci saremo e Dio è morto; i Camaleonti di Ricky Maiocchi protagonisti di una lunga serie di emissioni di covers che trovarono posto, molti anni dopo, in una raccolta pubblicata da On sale Music, l'etichetta maggiore per questo genere di riscoperte anche archeologiche. 

Poi ci furono i Dik Dik di Sognando California, i Giganti della Bomba atomica, i Corvi garage-psichedeici di Sospesa ad un filo e i New Dada di Maurizio Arcieri (scomparso recentemente) che "rubarono" ai Rolling Stones la stupenda Lady Jane oltre al resto ; inoltre i romani Jaguars di Devi combattere, i veronesi Kings, i bergamaschi Mat 69 e i gli edulcorati Delfini, compreso i Ribelli, che furono tutti beat allo stato puro. Infine gli emiliani Pooh che prima di diventare quella band stucchevole da classifica che tutti abbiamo conosciuto negli anni a venire, sono stati autori di uno dei brani più micidiali del beat italiano, quel Brennero 66 che ancora oggi viene ricordato come uno dei tentativi più riusciti di legare la musica beat all'impegno civile. 
Da ricordare ancora i New Trolls e le Orme, bands che avrebbero fatto meglio nei primi anni 70 attraverso un suono più impegnativo (il cosiddetto Progressive italiano), ma ricordati entrambi nel periodo beat per i loro esperimenti floreali (Senti l'estate che torna e l'album Ad Gloriam); i Ragazzi del sole che si ricordano per un 45 dal titolo Atto di forza n.10 (ma anche per un album storico) che rimanda alle battaglie di strada tra hippies di cui anche Ricki Shaine, un ragazzone pugliese fantasioso rese immortali con le sue canzoni e i suoi filmetti (da citare Uno dei Mods, la battaglia dei Mods,ecc..) costruite sulle stesse coordinate dei ragazzi torinesi.
Il protagonista principale fu però Ricky Gianco autentico beatnick che contribuì non poco alla diffusione del verbo beat, con brani suoi e comportamenti adeguati al periodo, memoria storica degli eventi che si svilupparono in quegli anni frenetici.
Anni importanti in cui dove tutto sembrava apparentemente possibile e dove ben presto, passato il 1968, apparvero le prime avvisaglie di un cambiamento di clima che già si stava profilando all'orizzonte, le prime difficoltà e la musica cessò d'incanto di avere tutto quel sapore di semplicità e d'amore per indirizzarsi verso sentieri più oscuri, impegnativi e difficili come i tempi che stavano profilandosi all'orizzonte dei settanta.

Luigi Ciavarella















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