LA BRIGANTESSA MICHELINA DE CESARE NELL’ALBUM “TARANTELLA RIBELLE” DEI MBL.


Nel cd di fresca pubblicazione del gruppo MBL (Musicisti Basso Lazio_ Tarantella Ribelle), recensito da Nicola Maria Spagnoli, (www.sanmarcoinlamis.org) accanto ai temi che Benedetto Vecchio, leader del gruppo, ben evidenzia, ve ne sono alcuni che ci riportano, in modo esplicito, al periodo del brigantaggio meridionale esploso all’indomani dell’Unità d’Italia (1860) e che ha prodotto, su un tessuto socio-economico già devastato dalle “conquiste garibaldine-piemontese”, una indignata sollevazione popolare seguita da una lotta cruenta nei confronti dell’invasore. I brani sono “Nott d’ luna” e soprattutto “Michelina” dedicato a Michelina De Cesare, nel cui booklet una famosa icona della brigantessa ben si manifesta in filigrana ; e una “Pizzicabrigante”, posta in coda al disco, che ripropone l’antica questione delle affinità  tra indiani d’America e Briganti, ma più in generale tra i meridionali post unitari e i pellerossa, poiché entrambi hanno subito sulla loro pelle gli effetti devastanti del genocidio. Non a caso Pino Aprile, che introduce il lavoro, nel suo ultimo libro Carnefici parla apertamente di genocidio svelando, attraverso resoconti ineccepibili, come si sia giunti a definire con un termine così terribile il tentativo di annientare, da parte dei savoia, una civiltà con mezzi legali (la famigerata legge Pica che dava mano libera agli aguzzini di regime) facendo leva sui fatti contingenti legati alla repressione del brigantaggio quando in realtà il piano aveva tutt’altri obiettivi. Un piano predisposto sin dalle origini. In questo contesto le storie dei briganti (e brigantesse, poche ma tutte dotate di una forza particolare) assumono quindi la funzione e la dignità di combattenti in difesa della loro identità piuttosto che rozzi e feroci individui dediti al crimine come la propaganda savoiarda ha provato a definirli. La descrizione di papa Pio IX in questo senso è ancora più precisa “ Vengono chiamati assassini e briganti quegli infelici che difendono in una lotta diseguale l’indipendenza della loro patria …” e quindi la storia di Michelina De Cesare ben si inserisce nel filo di questo discorso fatto di lotta e di resistenza, di passioni e di sete di giustizia. Peraltro la celebre combattente proviene dalle stesse terre martoriate di Benedetto Vecchio e del suo gruppo MBL (La terra del Lavoro, allora così indicata, che comprendeva il basso Lazio, la provincia di Caserta e parte del Molise) e in questi anfratti scoscesi che Faccia d’angel e sguard’ fier d’u cumbat lu stranier  (Michelina) semina terrore tra i soldati piemontesi e i ricchi possidenti del luogo per almeno tre anni diventando così imprendibile strega e fuorilegge o persino eroina romantica che ama farsi fotografare in tenuta da brigante o in costume ciociaro, con il suo sguardo di fiera contadina finché, tradita dal proprio fratello per mai sopiti dissapori familiari, è uccisa in combattimento il 30 agosto 1860 dai soldati del maggiore Lombardi. Un epilogo comune a molti altri capi briganti se non fosse per un particolare macabro. Il giorno dopo il misfatto il suo cadavere viene spogliato ed esposto nudo nella piazza centrale di Mignano insieme a quello del compagno. Il generale Pallavicini di fronte a quella vergognosa e oltraggiosa messinscena dirà “Ecco i merli, li abbiamo presi!”, pronunciando una delle frasi più miserabili che un soldato potesse esprimere di fronte al cadavere di una donna che ha combattuto con onore una battaglia per la propria terra.  
Luigi Ciavarella.







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