JOSEPH TUSIANI E PETER NARDELLA, DUE ANIME MIGRANTI A CONFRONTO.


Joseph Tusiani
Quando rivolgiamo il pensiero a Joseph Tusiani, alla sua scrittura e al mondo cui appartiene,  immancabilmente ci vengono alla mente termini come emigrazione, scrittura tra due continenti, nostalgia, e ogni altra cosa ci possa condurre verso l’universo struggente della memoria  intesa come patrimonio dell’anima. La propria terra, le proprie radici fanno parte del bagaglio esistenziale che appartiene a colui il quale ha lasciato la sua terra spinto dalla necessità incombente poiché nessuno o quasi abbandona il luogo dove si è nato e vissuto senza una ragione importante. I temi dell’emigrazione sono dunque pane quotidiano per un territorio come il nostro che ha dovuto da sempre confrontarsi con questi drammi vuoi per una ragione di sopravvivenza materiale oppure per saldare altrove nuovi vincoli di vita che la propria terra d’origine non può soddisfare. Oggi si assiste ad entrambi le opportunità ma agli inizi del secolo scorso, quando il peso del distacco oltre che doloroso era perfino insopportabile ( ma lo è ancora seppure mitigato dai nuovi mezzi comunicativi ) non era affatto facile separarsi per inventarsi una nuova esistenza.
La figura dell’emigrante errante e bistrattato dalla storia è sempre stata una icona perdente del nostro immaginario, un fendente devastante che ha causato nel tempo ogni sorta di sciagura mettendo a nudo le nostre frustrazioni, la nostra solitudine e le nostre limitazioni in rapporto ai nuovi ambienti che venivano a crearsi in prospettiva. L’adattamento evidentemente aveva i suoi tempi ma spesso era una forma di castigo ulteriore alla condizione di escluso in cui l’emigrante veniva a trovarsi. 
Joseph Tusiani non è stato un emigrante qualsiasi, rispetto ad altri aveva in tasca una laurea e opportunità decisamente diverse dagli altri quando approdò a New York. Grazie al suo talento, alla sua intelligenza e alla sua preparazione universitaria riuscì a penetrare nei meccanismi del nuovo mondo diventando da subito punto di riferimento di una nuova leva della cultura italo - americana, cosi emancipata rispetto ai rudimentali metodi di chi li aveva preceduti anche se è evidente una continuità peraltro mai interrotta.
Peter Nardella rispetto al poeta dialettale di San Marco in Lamis ( mi piace citare soltanto il poeta vernacolare ) ha tutta altra storia da esibire ma entrambi sono rami dello stesso albero seppure cresciuti sotto altre forme. Joseph Tusiani nel suo paese d’origine vi nasce, studia a Napoli e quando si imbarca con la madre per New York per raggiungere il padre è già un brillante professore di letteratura che non avrebbe affatto faticato in Italia ad ottenere un impiego importante. Ha 24 anni e possiede un forte desiderio non solo di conoscere finalmente il volto del padre ma anche di mettere in campo la sua cultura, il suo entusiasmo, i suoi studi, al servizio della nuova nazione. Diventerà uno dei maggiori scrittori italo - americani se è vero che il quotidiano La Repubblica in uno dei servizi per il supplemento Venerdì indicherà, attraverso un sondaggio commissionato a New York, tra esponenti della cultura e della imprenditoria, della politica ecc.. del posto, negli anni novanta, proprio in Joseph Tusiani il massimo esponente della cultura italo-americana accanto a nomi altrettanto prestigiosi come Mario Cuomo, Renato Dulbecco, ecc... appartenenti ad altri settori.
Peter Nardella ha avuto tutt’altro percorso formativo e il suo nome a San Marco in Lamis è molto meno conosciuto rispetto a Joseph Tusiani. Innanzitutto Peter è nato in America e, nonostante abbia ricevuto l’ educazione da genitori sammarchesi immaginiamo non molta differente dal poeta, bisogna dire che ben presto la società in cui Peter è vissuto lo ha assorbito sin da piccolo. Anche se nasce ad Akron nello Stato dell’Ohio, lontano dalle grandi arterie che contano, egli non avverte il fascino della lontananza poiché le sue radici sono americane. Quindi non ha il fardello della nostalgia latente.
Peter Nardella ( Akron 1926 - 2001 )
Egli nasce nel 1926 in un periodo in cui musicalmente parlando, la musica swing incomincia ad avere il sopravvento nelle sale di intrattenimento e dove le grandi orchestre dettano la moda e sono ancora lontani i tempi del blues come musica emergente. Lo Swing è una variante leggera del jazz meno nobile ma molto più diffuso. Naturalmente anche la musica country o popolare presente in ampi strati della popolazione bianca ha un suo posto soprattutto nei luoghi dove maggiormente viene consumata che restano i bar/saloon sperduti e i luoghi più viscerali del patriottismo a stelle a strisce. Peter Nardella molti anni dopo si ricorderà di questi ritmi, divisi tra bianchi e neri, precisamente nel 1944 quando debutterà come cantante in una festa scolastica. Non è ancora chiaro in quale direzione musicale dovrà volgere il suo interesse ma le premesse ci sono tutte: bella voce sentimentale, appeal e un portamento gradevole. Sono gli elementi che servono per un buon successo.
Ma è nel dopoguerra che Peter Nardella debutta ufficialmente allorquando conosce Phil Palumbo, una specie di istituzione musicale di quelle parti, molto conosciuto e influente anche oltre i confini dell’Ohio. Il loro incontro si rivela fortunato e decisivo per entrambi. Phil ha già una band a suo nome ( Phil Palumbo and the Pals ) che suona la musica in voga del momento, un mix di swing e canzoni melodiche americane di successo, che sono molto apprezzate in quel momento. E’ il classico gruppo italo-americano poiché i restanti musicisti hanno tutti chiara l’origine italiana : Eddie Paolucci ( tromba ), Vincent Didato ( Piano ), Mickey Eritano ( Percussioni ), oltre a Phil che suona la tromba e Peter che oltre a cantare, almeno in un primo momento, suona anche il basso. 
Gli spettacoli di Phil Palumbo e i Pals ottengono un buon successo in zona, sufficienti a spingerli in un secondo momento anche oltre confine sino a raggiungere le famose platee di Las Vegas, dove diventano attrazione principale nei diversi locali che popolano quella città luminosa. Qui Peter Nardella ottiene i migliori risultati grazie alla sua voce tenebrosa e seducente oltre che alla sua presenza aitante in un ambiente in cui queste qualità contano molto. Una voce che viene associata per temperamento e timbrica a Dean Martin e Frank Sinatra, anche loro notissimi cantanti di origine italiana con i quali nasce persino un certo feeling.
Peter Nardella ama profondamente l’Italia e i cantanti italiani primo fra tutti Domenico Modugno, di cui alcune canzoni entrano a far parte del suo repertorio ( Volare in primis ), come allo stesso modo altri brani di provenienza italiana peraltro presenti nei vari dischi che il gruppo ha prodotto nel corso degli anni  ( In my life, la vita brano che Shyrley Bassey portò con successo a San Remo nel 1968, Al di là di Luciano Taioli, More, Sorrento,ecc... tutti brani che fanno parte di un compact disc realizzato dalla famiglia all’indomani della sua morte, avvenuta nel 2001 per una malattia incurabile, che seppure di breve durata, rende perfettamente il suo stile e la voce magnifica attraverso un pugno di canzoni che restano il testamento spirituale che egli ci ha lasciato e di cui un giorno dovremmo diffondere se non altro per fornire ai nostri giovani musicisti del posto un bel esempio di canzone melodica.

( Luigi Ciavarella )

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