PEPPINO COCO CANTA JOSEPH TUSIANI.
Vi sono relazioni e persino
affinità tra la poesia e la musica. Da sempre questo rapporto si è consumato,
forgiato e definito sul filo di un confronto sulla distanza tra parola e
musica, producendo nel tempo autentici capolavori. Tanto quando la poesia si è misurata con la musica
( si pensi all’effimero ma calzante mondo della musica rock d’impronta
soprattutto cantautorale ) quando,
viceversa, il musicista ha “rubato” alla parola la sua anima gentile e ne ha
sovvertito la funzione inventandosi nuove mediazioni. Un rapporto, quello tra
poesia e musica, che ha sempre goduto, nonostante i conflitti inevitabili, una
sua peculiare vitalità.
Il caso di Peppino Coco ( nella foto ) entra nel novero di questo
status ed è perlomeno emblematico poiché evidenzia significativamente la natura
fluttuante di questo rapporto. Si tratta nel nostro caso di una sollecitazione
scaturita dalla lettura di alcune poesie di Joseph Tusiani che egli traduce in canzoni adeguando il testo alle
sue percezioni musicali con arrangiamenti e melodie molto pertinenti alla
natura del testo. Un lavoro altamente meritorio se consideriamo anche l’audacia
con cui l’Autore si pone di fronte ad un testo letterario dialettale, riservato
in ogni caso ad una ristretta cerchia di fruitori.
Non a caso entrambi hanno in
comune la condivisione di un condizione umana ( l’ emigrazione ) prima ancora
che culturale. Il risultato tuttavia è oltremodo interessante se non altro
perché vengono alla ribalta nuove forme di espressività che, sulla spinta di
una immaginaria linea di confronto/competizione, entrano d’autorità nel circolo
culturale della nostra comunità introducendo elementi nuovi.
Nel nostro caso si tratta di
due forestieri ( Lu frustere è il titolo del cd di Peppino Coco_ 2004 ) poiché
entrambi, pur nativi di San Marco in Lamis, risiedono altrove, ( Tusiani a New
York e Coco a Castelfranco Veneto ) e può essere questa la scintilla che ha
prodotto questo confronto a distanza da parte del Coco. Di sicuro li sappiamo
entrambi sostenuti dall’amore sincero per la propria terra e dalla nostalgia
che ne deriva. Una tempesta emotiva che non è difficile trovare tanto nella
scrittura di Joseph Tusiani quando nell’adattamento musicale di Peppino Coco.
Due anime migranti, quindi, che
seppure distanti qui si intercettano magnificamente interpretando, ciascuno per
la sua parte, tutto il loro “struggente e
costante senso di perdita del vissuto” ( Anna Siani ) con una scelta
selettiva, da parte di Peppino, di undici canzoni-poesie che ritornano a nuova
vita, emotivamente molto travolgente, attraverso la rilettura musicale.
Il compact di Peppino Coco
contiene undici brani in gran parte proveniente dal libro Tireca Tareca, ( peraltro un titolo dalla tonalità musicale )
pubblicato nel 1978 dai Quaderni del Sud. Che sono : I ame a cogghie Sericole,
guagliò, I’me so presentate alla ‘ssacresa, Lu trene la garganica, Lu
frustere e Pisciavunnedda de tanta
chelure, in cui l’interpretazione, con voce e chitarra, e i contributi
artistici di Claudio Corradini, si sviluppano con molto garbo e partecipazione
emotiva, dando a ciascuna traccia il giusto risalto attraverso un arrangiamento
di tipo folk in cui prevalgono strumenti acustici appena contaminati dalle
tastiere, molto pertinenti tra l’altro, in un contesto di grande rispetto per
l’opera del Tusiani.
Degli altri tre brani essi appartengono
a Lacrime e Sciure, sicuramente il
libro di poesie dialettali più famoso del poeta garganico : Quanta
Vote ( “Quanta vote lu penzere
come l’onna dullu mare me diceva :
janna, janna” ), La Metenna ( La mietitura ), in cui
il cantautore duetta con Maria Coco ; e la bellissima Ninna Nanna ( La vi’ la vi’, camina na mureia sope la
nannavicula ‘nnucenta. Addùrmete, trasore, non è nnente: jè l’ombra mija che te nazzecheia”). Infine So
sette li jurne che proviene da un poema che Joseph Tusiani pubblicò nel
2001, dal titolo Lu ponte de sòla (
Poema in dieci canti in dialetto garganico ) e La Serenata presa da una raccolta.
Insomma due universi che qui
si incontrano, si intrecciano e si confrontano ciascuno forte del proprio
sentimento d’amore verso le proprie radici, uniti dalla bellezza della parola
dialettale diventata il rifugio ideale dell’anima. Parole e musica che
ritornano sotto altra luce, con nuova linfa arricchendo la nostra terra di
Gargano di nuove prospettive di immortalità.
( Luigi
Ciavarella )
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