POESIA DIALETTALE GARGANICA A CONFRONTO.


Il libro di recente pubblicazione, Poeti del Gargano, con sottotitolo “nei dialetti dei paesi”, curato da Franco Ferrara di Apricena, ci consente di osservare dal di dentro lo stato di forma della nostra poesia dialettale. La materia è perlomeno controversa. Se da un lato diminuisce in maniera esponenziale l’uso corrente del dialetto sia nelle conversazioni tanto nella scrittura (l’ISTAT nell’ultima rilevazione ha certificato una ulteriore diminuzione dell’”uso esclusivo” del parlato dialettale, tanto in famiglia quanto con amici e conoscenti, a vantaggio di un italiano sempre più corretto) dall'altro canto ci si chiede, considerata l'alta proliferazione di poeti e testi dialettali, se ciò sia sufficiente a frenare la caduta e rilanciare, se possibile nel contempo, la centralità della parola dialettale in seno ad una comunità.  
Una delle soluzioni può essere quella proposta dal gruppo dei poeti garganici di cui parliamo i quali non solo hanno riunito in un volume di intenti tutte le voci disponibili sparse in tutta l’area dello Sperone per un confronto tra le diverse anime che ivi ci abitano, ma, allo stesso tempo, con spirito itinerante, stanno portando nei vari paesi garganici questo loro progetto poetico. Giovedì 20 marzo il meeting ha toccato pure il nostro paese. Con il sostegno della locale “Puteca”, che, come è noto, si occupa di poesia dialettale, abbiamo potuto toccare con mano questa interessante iniziativa che senz’altro farà del bene a tutto il movimento e alla natura stessa della lingua parlata dialettale.
Si tratta di quindici autori che rappresentano un campionario di voci autoctone poiché, come avverte il curatore, “non esiste il dialetto del Gargano” bensì un insieme di voci differenti che, seppure saldati da un sentimento comune, non rappresentano nient’altro che sé stessi. Si tratta in definitiva di paesi in cui il peso dell' isolamento è stato decisivo per lo sviluppo della propria autonomia linguistica e comportamentale, tale da renderli unici. Le zone impervie del Gargano prive di strade e di commerci sono state la ragione fondamentale per la formazione di queste differenze. Insomma senza scambi e rapporti continuati con i paesi limitrofi ciascun microcosmo ha dovuto coltivare, sviluppare e custodire i propri vincoli tradizionali con autodeterminazione.   
Sono tante voci che rappresentano senza dubbio una ricchezza dal punto di vista delle tradizioni e dei contenuti linguistici, che andrebbero salvaguardate, per esempio, immettendo in circolo i risultati delle loro ricerca attraverso le tante forme creative disponibili. Come nel caso di questo libro che vuole rilanciare la forma partecipativa della comune radice dialettale provando a contenere gli assalti devastanti della modernità. Una resistenza che risulterebbe vana se non fosse accompagnata da un rilancio capillare dell’uso del dialetto ovunque ci sia spazio, tanto nei rapporti interpersonali che sui luoghi di lavoro etc. Non soltanto scrittura quindi ma soprattutto confronto e partecipazione ad un comune obiettivo da difendere: la parlata dialettale come principio identitario e come argine allo strapotere della lingua italiana. Solo in questo modo la scrittura e la parlata dialettali potranno avere una ragione in più di sopravvivenza quindi uno spazio sentimentale in cui crescere preservando così le tante parole d’uso dialettale, nonostante siano mutate nel corso dei decenni, che restano intraducibili e appartengono quale patrimonio permanente soltanto alla storia della comunità di appartenenza.
Gli autori della raccolta provengono da ogni parte del Gargano. I più numerosi provengono da Vico del Gargano: Michela Di Perna, Maria Vera e Nicola Angelicchio, mentre dalla lontana Vieste arrivano Isabella Cappabianca e Angela Ascoli ; da Ischitella invece Rocco Martella e Nino Visicchio ; da Apricena Franco Ferrara e Raffaele Pennelli ; da Monte Sant’Angelo Pietro Salcuni e da San Giovanni Rotondo Onofrio Grifa e Michele Totta, nomi noti al popolo della “Puteca”; da Carpino arriva Giuseppe Trombetta mentre da Rignano Garganico è presente il solo Giuseppe Lombardi. Infine, ma solo per ragioni di cuore, Antonio Guida (foto sotto), l’unico nome presente nel sodalizio di San Marco in Lamis. 
La lettura dei testi è stata sorprendente, piacevole, spesso vivace e sempre ricca di gustosi contenuti se non altro per le tante varietà del linguaggio che qui si confrontano e si intercettano in un gioco degli incastri e dei rimandi a volte espresse con arguzia altre volte invece con pathos spesso con una comunicativa duttile ed efficace, che lascia oltremodo esterrefatti. La visione di comuni intenti e la evidente fiera partecipazione di ciascun poeta ad un progetto univoco restano il fine di questa opera e quindi un valore inestimabile di straordinaria potenza evocativa di cui diamo atto.  
Luigi Ciavarella


Il poeta dialettale Antonio Guida di San Marco in Lamis
  

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